lunedì 11 ottobre 2010

UN TEST PER SCOPRIRE QUANTO DURERA' UN AMORE

SETTE anni fa Beigbeder Frédéric distrusse l'orizzonte cuoriforme degli innamorati dando alle stampe il bestseller "L'amore dura tre anni" (Feltrinelli, 139 p.). Nel suo libro lo scrittore e pubblicitario francese dimostrò, tra statistiche, biochimica ed esperienza personale, come l'innamoramento somigli più a un vasetto di yogurt che a un calice d'ambrosia, e abbia una data di scadenza. Se le sue conclusioni vi sono sembrate esagerate, preparatevi a quelle dell'ultimo studio dei ricercatori dell'università di Rochester, pubblicato sulla rivista Psychological Science: secondo il team dello psicologo Ronald Rogge, che ha condotto l'indagine, l'amore non solo ha una scadenza, ma è possibile stabilire quando gli innamorati si diranno addio. Gli annales delle storie d'amore pullulano di relazioni in cui apparentemente tutto fila liscio ma che poi scoppiano perché uno dei due, senza rendersene conto, comincia a non sentirsi felice come prima. Lo studio del professor Rogge è partito da qua, arrivando a sviluppare un test che fa venir fuori i "dubbi inconfessabili" e permette di calcolare quanto resta al cervello prima di sbottare e metter fine alla relazione.

Il test fa in modo che i componenti delle coppie rivelino ciò che pensano reciprocamente senza rendersene conto, così da dare risposte spontanee. Il risultato permette di comprendere se, nel profondo, c'è qualcosa che non va. Gli esami condotti fino a oggi su questo argomento, spiegano i ricercatori, si basavano sul chiedere direttamente alle persone un giudizio sul proprio partner, dando vita a risposte razionali e controllate, e quindi poco rivelatrici. "La difficoltà principale in una coppia - spiega Rogge - è che il rapporto presuppone che entrambi i componenti della coppia siano felici, ma non sempre è così. E spesso molte persone non vogliono ammettere che stanno iniziando a sentirsi meno bene all'interno del rapporto".

Lo studio è durato 12 mesi e ha coinvolto decine di coppie per un totale di 222 volontari felicemente fidanzati o ammogliati. Tutti sono stati sottoposti a due prove: nella prima uomini e donne dovevano premere la barra della tastiera quando vedevano comparire su un monitor combinazioni tra parole positive e sostantivi da loro stessi collegati al partner, mentre nella seconda dovevano premere quando comparivano combinazioni tra parole negative e altre da legare al compagno. L'obiettivo dell'esperimento era quello di andare a stimolare reazioni automatiche, così da ottenere risposte immediate e dettate esclusivamente dall'inconscio. I risultati hanno mostrato che i volontari che hanno trovato più facile svolgere il secondo esercizio, associando al proprio partner parole negative e azioni difficili, avevano probabilità sette volte più alte di separarsi entro l'anno successivo. "Ciò che mi ha emozionato di più - spiega il professor Rogge - è che il nostro test è riuscito a interpretare lo stato di salute delle relazioni molto meglio delle parole dei partecipanti". La tecnica in realtà non è nuova ma è innovativo il modo in cui è stata utilizzata e l'interpretazione che è stata data ai risultati. Finora, infatti, test come questo sono stati usati per individuare pregiudizi legati al razzismo o fobie nascoste, ma mai per stabilire le possibilità di durata di una relazione.

Non tutte le storie d'amore, comunque, sono destinate a finire. Un altro studio americano, pubblicato sulla Review of General Psychology, spiega infatti che la coppia può conservare il sentimento dei primi tempi, definito dagli scienziati "un mix di intensità, coinvolgimento e chimica sessuale", anche nei rapporti duraturi. Gli ingredienti fondamentali sono comprensione e condivisione, ammettendo cosa va e cosa no. Secondo lo psicologo Roberto Cavaliere, esperto di problematiche legate alla coppia e responsabile del sito Maldamore.it, il test messo a punto dall'università americana va utilizzato come strumento di prevenzione. "Nella società di oggi siamo abituati a non usare i pezzi di ricambio, a gettar via una cosa quando non ci va più bene - spiega - Le coppie, per vari motivi, stanno perdendo la capacità di recuperare e riparare ciò che non va. Questo test potrebbe servire per aiutare due che si amano a non arrivare al punto di non ritorno". L'esperto spiega che spesso si arriva alla terapia di coppia quando ormai non c'è più nulla da fare, e quello che manca è soprattutto un percorso di elaborazione personale. "Lo studio americano - continua Cavaliere - mette in evidenza come spesso chi ha un problema col partner non riesca a identificarlo, né tanto meno a confessarlo. A volte è difficile ammetterlo a se stessi, figuriamoci alla persona che ci sta accanto. Ma un percorso di autoanalisi è fondamentale. Solo dopo aver capito cosa ci da fastidio potremo affrontare il problema". A quel punto, conclude lo psicologo, l'ultimo step è quello del dialogo: "La comunicazione è fondamentale. Senza, non c'è battaglia che possa essere vinta o relazione che si possa riparare".

Una posizione in linea con quella di Bauman Zygmunt, che nel suo "Amore liquido. Sulla fragilità dei legami affettivi" (Laterza, 219 p.) sintetizzò l'universo delle problematiche amorose spiegando che non c'è nulla di programmabile in esse, se non la loro precarietà. Già nel 2003 il sociologo e psicologo polacco aveva definito l'amore "un prestito ipotecario fatto su un futuro incerto e imperscrutabile", arrivando con anni di anticipo a conclusioni poi confermate da studi scientifici come questo: nel solco della convinzione che l'unico modo per prevedere il futuro di una relazione sia viverla.

mercoledì 6 ottobre 2010

CHI SI SOMIGLIA SI PIGLIA

Che i detti popolari abbiano un fondo di verità è un sentore comune. Un gruppo di ricerca della statunitense Michigan State University ha indagato quale possa essere il fondamento del chi si somiglia si piglia.

Secondo lo studio pubblicato su Personality and Individual Differences se due partner alla lunga si assomigliano, non è perché lo stare insieme faciliti l’allineamento di gusti e personalità, ma perché i due, già in fase di scelta, condividevano interessi e inclinazioni.

Una teoria che contrasta con la scuola di pensiero secondo cui gli opposti si attraggono. Come spiega Mikhila Humbad, dottoranda in psicologia clinica: «Ricerche condotte in precedenza mostrano che due sposi sono più simili rispetto a uomini e donne presi a caso all'interno di un gruppo di persone. Questo potrebbe dipendere dal fatto che dopo le nozze i due partner si influenzano l'un l'altro, oppure dal fatto che già prima del matrimonio si somigliavano e che per questo si sono attratti. Il nostro obiettivo era proprio quello di capire quale delle due ipotesi trova maggiore riscontro nella realtà».

Gli studiosi hanno analizzato dati relativi a 1.296 coppie di coniugi, coinvolte in un’indagine del Minnesota Center for Twin and Family Research. Gli scienziati sono giunti alla conclusione che gli effetti da livellamento nel matrimonio sono molto sopravvalutati. Secondo la Humbad «Sposare una persona che ci somiglia aumenta le probabilità di trasmettere ai figli i tratti più caratteristici della personalità, comuni ai due partner».

FONTE http://www.sanihelp.it/news/11255/studio-amore-si-somiglia-si-piglia/1.html
 
PER APPROFONDIMENTI http://www.maldamore.it/scelta_del_partner.asp

IL MARITO SI SCEGLIE IN BASE AL PROPRIO PADRE

Quante volte abbiamo sentito dire che noi donne scegliamo il nostro uomo secondo caratteristiche riconoscibili nei nostri padri? Fino ad ora sembrava essere solo frutto di un mix tra saggezza popolare da una parte e psicologia freudiana dall’altra. Certo i tratti comportamentali dei nostri genitori possono essere il frutto di un nostro modo di scegliere o meno un uomo: chi ha un padre violento può cercare un partner altrettanto violento; al contrario chi ha avuto un padre poco presente, cercherà un uomo più grande e dallo spiccato senso di protezione. Ora sembra esserci qualcosa di più.
Tuttavia uno studio condotto dalla University of Pecs in Ungheria avrebbe dimostrato che le donne tendono a scegliere partner somiglianti ai loro padri, sì, ma soprattutto nell’aspetto fisico. La medesima osservazione vale inoltre al contrario: anche gli uomini cercherebbero donne che somiglino fisicamente alle loro madri.
La spiegazione di questo fenomeno sarebbe da ricercare nel fatto che in quanto esseri umani, abbiamo impressi nella mente i tratti dei nostri genitori fin da piccolissimi, e che questi tratti sono per noi sinonimo di qualcosa se non di rassicurante, di molto importante, che ci spingerebbe poi a ricercarli continuamente anche crescendo, nella vita fuori casa. Insomma il tutto si spiegherebbe a causa di un imprinting presente nella psiche di tutti noi.

articolo completo al seguente indirizzo http://oggisposi.tgcom.it/wpmu/2010/10/04/il-marito-si-sceglie-in-base-al-proprio-padre-uno-studio-segue-la-tesi-freudiana/

per approfondimenti http://www.maldamore.it/scelta_del_partner.asp

COME GLI UOMINI SCELGONO LA PROPRIA DONNA

Qual è la prima cosa che un uomo osserva quando cerca una compagna, il corpo o il volto? Secondo una ricerca apparsa sulla rivista Evolution and Human Behavior, la risposta è legata al tipo di relazione che l’uomo ha intenzione di intraprendere.



Se l’uomo è alla ricerca di un rapporto stabile e duraturo, infatti, tenderà a osservare maggiormente i lineamenti del viso femminile, mentre se è alla ricerca di un rapporto “mordi e fuggi” darà più importanza alle curve. “Le priorità di un uomo cambiano a seconda di cosa cerca in un rapporto”, conferma Jaime Confer, ricercatore presso l’Università del Texas ad Austin e coautore dello studio. Il corpo di una donna fornisce validi indizi sulla sua fertilità mentre il viso è indicatore del valore riproduttivo a lungo termine. Secondo i ricercatori, pertanto, i risultati dello studio suggeriscono che gli uomini in cerca di una relazione breve sono più psicologicamente propensi a cercare partner più fertili e in grado di dare alla luce un figlio in breve tempo.



Jaime Confer e i colleghi hanno mostrato a 375 studenti del college una serie di volti e corpi di donne, presentate come potenziali partner a breve o a lungo termine. Per ogni fotografia, gli studenti potevano scegliere se visualizzare il fisico o il volto della donna, ma mai le due parti del corpo assieme. Come risultato, il 25% dei giovani chiamati a valutare le donne come potenziali compagne a lungo termine osservava il fisico, che veniva invece osservato dal 51% dei ragazzi che erano chiamati a scegliere una compagna a breve termine.



Come ulteriore ricerca da effettuare in futuro, i ricercatori sono intenzionati a chiedere ai giovani di valutare la bellezza del volti e del fisico di alcuni potenziali rivali in amore. Ciò potrebbe rivelare se gli uomini e le donne si sentono più minacciati da un (o una) rivale più attraente di volto piuttosto che di fisico.



domenica 1 agosto 2010

L'UOMO SOFFRE DI PIU' PER AMORE IN VACANZA

Là dove il giudizio femminile è impietoso e parziale, la scienza riabilita il maschio innamorato: a sorpresa sarebbe lui il più incline a somatizzare la fine di una relazione. Stando ai risultati di una ricerca americana e di un sondaggio italiano, il sesso forte tanto forte poi non è, e la sua fragilità emerge tutta alla fine delle vacanze, condannando i cuori romantici al "mal d'amore". Soprattutto quando a finire sono le relazioni nate nel periodo delle vacanze.

I primi a spezzare una lancia a favore dei maschi sono i ricercatori della Wake Forest University 1 del North Carolina, secondo cui sono proprio gli uomini a risentire maggiormente, a livello psichico, degli "alti e bassi" propri di una relazione. L'indagine, pubblicata sul Journal of Health and Social Behavior, ha preso in considerazione la salute mentale di mille giovani adulti di sesso maschile e femminile dai 18 ai 23 anni d'età, tutti non sposati. Secondo la sociologa che ha guidato lo studio, Anne Barrett, "gli uomini sono vittime di un fraintendimento di base: il malessere per un rapporto amoroso che va a rotoli lo esprimono in maniera non convenzionale. Ma nel loro intimo soffrono di più". Questo anche perché, spiegano gli esperti, spesso la partner è l'unica persona con cui instaurano una relazione di confidenza e amicizia, mentre le ragazze sono molto più abituate a parlare con amiche e genitori.

Questa dipendenza si rispecchia anche nel modo in cui gli uomini vivono la fine dei rapporti nati in vacanza o finiti subito dopo il periodo estivo. E qui si entra nel territorio virtuale. Secondo un'indagine condotta su 1.500 utenti di forum, community e siti web tra i 18 e i 55 anni, per 6 italiani su 10 è infatti molto più facile innamorarsi in ferie che in qualunque altro periodo dell'anno. Ma ahimè la delusione è dietro l'angolo: nel 74% dei casi, a dispetto di un'innovazione tecnologica sempre più accorcia-distanze, le relazioni "vacanziere" non superano i due mesi di vita. E questa brevità si traduce in un "mal d'amore" che da settembre in poi ammorba un italiano su due", spiega una ricerca svolta da Meta Comunicazione e promossa da Pasqua, Vigneti e Cantine. A soffrire di più sarebbero gli uomini (54%), soprattutto se giovanissimi (64%) o single (58%). Una situazione che nei casi più lievi porta a depressione (87%), ansia (74%) e sbalzi d'umore (59%), in quelli più gravi a disturbi alimentari (13%).

"Gli uomini vivono le relazioni nate in vacanza con uno slancio estremo", spiega lo psicologo Roberto Cavaliere, creatore del sito www.maldamore.it ed esperto di problemi di coppia. "La passione acuta e momentanea è il loro sbocco naturale nel vivere i sentimenti. E con la stessa velocità e intensità con cui si innamorano, poi soffrono della perdita subìta. Per le donne è diverso: hanno bisogno di costruire il rapporto nel tempo, ed è per questo che spesso sono loro a chiudere una relazione alla fine delle vacanze, perché si tratta di rapporti lontani dalla concezione femminile del percorso sentimentale".

articolo completo su www.repubblica.it





martedì 6 luglio 2010

SE UNA RELAZIONE FINISCE SOFFRE DI PIU' L'UOMO

Le cose con il partner non funzionano e il menage va a rotoli? Non bisogna lasciarsi abbagliare dalle apparenze: anche se è più portato a fare la faccia dura e a tirare innanzi, è l'uomo quello che, dei due, a parità di situazioni soffre di più. E, soprattutto, è meno "attrezzato" ad affrontare e a gestire il suo dispiacere.

Lo afferma uno studio della Wake Forest University, negli Usa, che dimostra come i maschietti siano effettivamente più provati delle loro colleghe donne quando si trovano alle prese con la fine o con una crisi importante della loro love story. Tra le varie ragioni che mettono gli uomini in condizioni di svantaggio rispetto alle partner donne ci sono alcuni elementi legati al carattere: ad esempio gli uomini hanno maggiori difficoltà a confidarsi e condividere con altri i loro problemi, mentre le donne sono più naturalmente portate a farlo e sono più aperte con amici e familiari.

Secondo lo studio pubblicato sul Journal of Health and Social Behavior, gli uomini hanno anche una maggiore tendenza a lasciarsi andare e a "buttarsi giù", da cui possono derivare problemi anche seri, come una maggiore frequenza nell'abuso di alcolici. In condizioni analoghe, invece, il disagio emotivo femminile particolarmente grave si manifesta con forme di depressione, spiega l'autore della ricerca, Robin Simon, mentre gli uomini hanno reazioni più problematiche. Al contrario, spiega ancora la ricerca, quando tutto fila liscio gli uomini sono quelli che traggono dal rapporto i maggiori benefici.

ARTICOLO COMPLETO AL SEGUENTE INDIRIZZO:

http://www.tgcom.mediaset.it/perlei/articoli/articolo483748.shtml

NON E' VERO CHE AL CUORE NON SI COMANDA

Al cuore non si comanda? Forse non è così vero. Sembra infatti che il peso dell'approvazione o disapprovazione altrui sia molto maggiore di quanto non ci si aspetterebbe a prima vista. Il fatto più sorprendente è che non siamo attenti solo alle opinioni di parenti e amici, ma anche il pensiero di persone a noi completamente sconosciute ha un suo peso sulle nostre decisioni amorose. E, colmo dei colmi, il temperamento dei genitori ha addirittura un ruolo nell'arrivo, atteso o meno, di una cicogna in famiglia.

Insomma, in amore il nostro carattere ha un peso più "leggero" di quanto non immaginiamo, visto che in amore gli "ordini" degli estranei valgono anche più di quelli di amici di vecchia data, per non parlare dei familiari. La scoperta arriva dai ricercatori del Dipartimento di Psicologia e Neuroscienze dell'Indiana University, negli Usa. L'esperimento pubblicato sull'ultimo numero della rivista "Evolution and Human Behavior" ha tutti i numeri per mettere in crisi le convinzioni dei romantici più incalliti. Gli scienziati hanno mostrato a due gruppi di volontari di ambo i sessi una video-clip di "corteggiamenti" virtuali. Gli esperti hanno notato una regola costante: uomini e donne si lasciavano guidare nella loro scelta dal parere di soggetti a loro del tutto estranei. Commenta Skyler Place, autore dello studio: "Solitamente le persone pensano che sia importante sapere cosa pensano amici e familiari del nostro lui o della nostra lei. Ma sorprendentemente abbiamo dimostrato che anche i completi estranei guidano la scelta".

ARTICOLO COMPLETO AL SEGUENTE INDIRIZZO:
http://www.tgcom.mediaset.it/perlei/articoli/articolo483553.shtml

IL PARTNER STRESSA PIU' DEL CAPO

Ebbene sì, diciamolo una volta per tutte: il rapporto con il partner stressa più del capo. Staranno già stappando lo spumante fior fior di avvocati che vedranno sempre più persone davanti alla propria scrivania che chiedono assistenza per il divorzio. Scherzi a parte quest'altra bizzarra notizia, alquanto strana quanto quella che per fare sesso perfetto bastano 10 minuti, è stata riportata qualche giorno fa sul DailyMail. Il tutto supportato da uno studio dell'Università di Lancaster del Regno Unito coordinato da Cary Cooper. La ricerca è stata condotta tramite un sondaggio su circa tremila persone, tra uomini e donne. Ne è emerso che nel 58% dei casi la pressione del sangue sembra salire più per colpa del partner che per lo stress lavorativo. Solo il 43% degli intervistati vede nel proprio capo la maggiore fonte di stress. In particolare pare che siano più i maschi a far impennare la pressione delle loro prtner. Infatti il 18% delle donne ha dichiarato di essere stressata dal partner, contro il 12% degli uomini. Evviva! Via anche il desiderio di trascorrere una bella vacanza con il proprio partner dopo un anno di lavoro, chi ce lo fa fare, meglio andare ognuno per conto proprio finalmente con una valida giustificazione: amore devo starti lontano altrimenti mi sale la pressione. Secondo i risultati di questa ricerca non ci sarebbe niente di più sbagliato che partire insieme per le vacanze: rischiate di ritornare più stressati di prima e addirittura di desiderare il ritorno al lavoro quanto prima.

Cary Cooper , professore di psicologia della salute alla Lancaster University, ha anche affermato però che "se si lavora troppo si danneggia la salute e anche la vita di coppia". E ciò sottopone a maggiore stress in particolare le donne che oltre a portare avanti la carriera devono sopportare anche il peso di maggiori impegni familiari.
Altra curiosità venuta fuori dal sondaggio è che le donne si preoccupano più del loro peso che del loro stipendio. Quasi la metà delle intervistate ha dichiarato che il proprio peso è un fattore molto importante per la salute rispetto ad un 27% che ha detto la stessa cosa riferita allo stipendio.

fonte http://www.italia-news.it/index.php?idcnt=42186〈=it

IL DIVORZIO E' CONTAGIOSO

CHI VA con lo zoppo, impara a zoppicare, afferma il vecchio proverbio. Vale anche per chi va con i divorziati. Avere un amico, parente o collega che divorzia, aumenta considerevolmente la probabilità che una coppia si separi, secondo uno studio scientifico pubblicato in questi giorni.

In altre parole, sostengono gli autori della ricerca, il divorzio è "contagioso": proprio come un virus. Condotto da sociologi e psicologi di tre importanti università americane (Harvard, Brown e la University of California), lo studio ha riscontrato che il divorzio di un amico intimo o di un parente stretto accresce di un incredibile 75 per cento le chances di divorziare tra chi lo conosce. Il divorzio di un "amico di un amico", di un conoscente, di un collega che si conosce solo di vista, aumenta la probabilità di divorziare del 33 per cento. La presenza dei figli ha un effetto moderatore su questa forma di "contagio sociale", come la definiscono gli scienziati statunitensi: l'influenza di un divorzio nella cerchia ristretta di amici si riduce in proporzione al numero di bambini che una coppia ha. Insomma, più figli si hanno, minore è l'effetto di vedere che amici e colleghi si separano. Il divorzio non ha bisogno di avvenire nelle vicinanze: anche la fine di un matrimonio a migliaia di chilometri di distanza, ma in una coppia di amici o parenti, può spingere a fare altrettanto.

Gli studiosi americani hanno basato le loro rivelazioni su statistiche riguardanti un ampio gruppo di persone di entrambi i sessi per un periodo di ben 32 anni. "Il divorzio andrebbe studiato e compreso come un fenomeno collettivo che si estende ben al di là di coloro che ne rimangono direttamente coinvolti", si conclude la ricerca, diretta da Rose McDermott, James Fowler e Nicholas Christakis, docenti di sociologia e psicologia nelle tre prestigiose università americane.

la teoria del "divorzio contagioso" trova un'altra conferma nel comportamento di tante coppie sposate che, quando qualcuno dei loro amici si separa, interrompono ogni rapporto con i divorziati e in generale si guardano bene dall'invitare a cena dei single divorziati. Finora si pensava che fosse per non avere un "cattivo esempio" (o una piacevole tentazione) davanti agli occhi. Adesso è chiaro: cercano disperatamente di evitare il contagio.

articolo completo al seguente indirizzo
http://www.repubblica.it/esteri/2010/07/05/news/divorzio_contagioso-5392178/index.html?ref=search

venerdì 4 giugno 2010

L'INFEDELTA' RAFFORZA LA COPPIA ?

L’infedeltà della coppia potrebbe fare bene ai due partner. Entrambi infatti ne risulterebbero più rafforzati nel loro legame. È questo ciò che è emerso da uno studio molto interessante che è stato presentato a Londra alla conferenza della British Association for Counselling & Psychotherapy. Ma come può succedere tutto questo?

La mente umana in effetti è ricca di sorprese e spesso mette in atto meccanismi che si traducono in comportamenti che fanno riflettere. Molte coppie vivono il tradimento come una sorta di lutto, che necessita di un vero e proprio periodo di elaborazione. Si tratta di una sorta di crisi molto profonda, che può portare anche ad un periodo di disperazione. Ma se si riesce a superare questa fase, il resto sarà di certo meno faticoso.

Molte ricerche hanno fino a questo momento considerato quali sono le conseguenze negative di un tradimento. Ma nello studio in questione i ricercatori hanno ascoltato diverse testimonianze di assistenti sociali che avevano affrontato crisi di coppia causate dall’infedeltà. Da tutte le testimonianze è emerso che le coppie che avevano affrontato il tradimento di uno dei due partner alla fine ne erano uscite rafforzate.

L’infedeltà in sostanza mette a dura prova il cervello, scatenando reazioni di rabbia, che possono portare a periodi bui da affrontare. Ma una volta superato il tutto, il legame di coppia ne risente in modo positivo. Tutto sta naturalmente anche nel comportamento che i componenti della coppia riescono a mettere in atto, soprattutto per quanto riguarda l’assunzione delle personali responsabilità. Con questa ricerca la psicologia di coppia si arricchisce di nuovi elementi.

articolo completo alla seguente pagina:

http://www.tantasalute.it/articolo/coppia-il-legame-si-rafforza-con-l-infedelta/16385/

PICCOLI GESTI D'AMORE PER LA COPPIA

Serenità e felicità sono i principali obiettivi di ogni coppia. Senza di essi ha senso stare insieme? Da questa domanda parte la riflessione su cosa aiuti il “buon umore” della coppia. Più dettagliatamente: la soddisfazione e la gioia che si provano a vivere una storia d’amore; o più genericamente: una relazione sentimentale. Purtroppo non tutti amano allo stesso modo e non tutti lo sanno dimostrare: ergo, prima ancora di giungere a qualche conclusione negativa affrettata sul nostro partner, è importante sapere che tipo di persona abbiamo accanto.

Tuttavia molti studiosi della psicologia comportamentale ritengono che i piccoli gesti d’amore quotidiani favoriscono il buon andamento della vita di coppia. “Mica è una novità”, dirà qualcuno di voi. Infatti non è una novità nemmeno a mio modo di vedere e di vivere la coppia. Però è vero anche che non tutti sono capaci di dimostrare i propri sentimenti… ovviamente a danno della relazione. E pare che a molti nemmeno importi più di tanto, ma qui si tratterebbe di raccontare un’altra storia.

Sulle pagine della rivista “Personal Relationships” uno studio spiega come le piccole attenzioni nei confronti del partner aiutino a mantenere alto il grado di soddisfazione in una relazione sentimentale. La ricerca è stata condotta dalla studiosa Sara Algoe dell’Università del North Carolina che ne ha pubblicato i risultati solo in questi giorni dopo aver testato 65 coppie. Ai volontari è stato chiesto di segnare su un diario l’andamento delle giornate, l’altalena tra soddisfazione e frustrazione nella coppia e cosa accadeva durante la giornata. La conclusione è stata la seguente: la gratitudine nei confronti del partner a seguito di piccole o grandi attenzioni, aiuta a mantenere un elevato grado di soddisfazione.

articolo completo al seguente indirizzo:

http://www.pinkblog.it/post/6352/piccoli-gesti-damore-quotidiani-rafforzano-il-rapporto-di-coppia

IL PRIMO AMORE NON SI SCORDA MAI

IL primo amore non si scorda mai, e questo perché con la prima ardente passione si attivano in maniera del tutto nuova i circuiti neuronali dell'ansia e della paura, provocando in noi una specie di trauma. Non solo: questa reazione biochimica è identica in tutte le culture e popolazioni, da quella europea a quella americana fino a quella cinese, dove i matrimoni sono combinati e l'innamoramento è per la società più un elemento distruttivo che costruttivo. Queste le conclusioni di uno studio della Stony Brook University di New York sull'attività cerebrale legata ai sentimenti di breve e lungo periodo.
La ricerca, condotta nell'arco di tre anni fra Gran Bretagna, Usa e Cina, ha dimostrato come il primo forte sentimento provochi precise reazioni neuronali nel cervello, diverse - ma non meno intense - da quelle che si scatenano con gli amori successivi, più romantici e meno distruttivi, ma identiche per tutte le popolazioni. Le aree che si attivano guardando la foto della prima persona di cui si è stati innamorati sono le stesse che regolano i meccanismi della dipendenza e gli squilibri mentali ed è per questo, spiega il professor Art Aron, che ha condotto la ricerca, "che quell'esperienza amorosa resterà per sempre marchiata a fuoco dentro di noi". Lo studio, pubblicato sulla rivista Human Brain Mapping, è stato svolto per buona parte in Cina dal ricercatore Xiaomeng Xu, che ha preso in esame 18 volontari mostrando loro volti di persone amate in modo romantico, passionale o solo amichevole. "Con l'analisi degli impulsi cerebrali abbiamo riscontrato, in concomitanza con l'immagine della persona amata romanticamente, una forte attivazione nelle aree che regolano i meccanismi motivazionali, notando che i volontari che stavano vivendo quel tipo di sentimento erano più soddisfatti sia nelle relazioni a breve che a lungo termine. Le immagini di amori passionali, invece, attivavano le zone del cervello che regolano tensione e paura". I ricercatori hanno quindi concluso che, indipendentemente dalla matrice culturale, l'amore romantico, per quanto intenso, comporta una minore componente ossessiva, mentre quello passionale provoca per la prima volta sentimenti di incertezza e ansia ed è per questo che è così indimenticabile. La differenza tra amore romantico e passionale era già stata analizzata dalla ricercatrice Bianca P. Acevedo, della stessa università americana, che nel marzo dello scorso anno pubblicò sulla Review of General Psychology i risultati di uno studio condotto su 6070 persone impegnate in relazioni a breve e lungo termine: "Molti credono che l'amore romantico sia identico a quello passionale. Non è così - spiega - ha la stessa intensità, lo stesso coinvolgimento, la stessa alchimia sessuale dell'amore passionale ma una minore componente ossessiva. Quello che ci fa 'morire di passione' comporta sentimenti di incertezza e ansia ed è un sentimento che aiuta a portare avanti relazioni brevi, non durature". articolo completo al seguente indirizzo: http://www.repubblica.it/scienze/2010/06/03/news/primo_amore-4546503/

lunedì 19 aprile 2010

IL MATRIMONIO FA' BENE ALLA SALUTE

....il matrimonio fa bene alla salute. Che le persone sposate soffrono meno di disturbi fisici e psichici di quelle che hanno scelto una vita da single. A confermarlo, e da tempo, sono numerosi studi pubblicati da università, istituti e centri vari dei quattro angoli della terra, a confermare che almeno su questo tema il pianeta si trova d'accordo: una delle ricerche più recenti è quella di Ronald e Jan Galser, coppia (!) di ricercatori in psiconeuroimmunologia – disciplina che studia la relazione fra comportamento, sistema endocrino e sistema nervoso - della Ohio State University. In particolare, i Galser hanno studiato il rapporto fra funzionamento del sistema immunitario e serenità della vita coniugale, dimostrando che le coppie che litigano meno sono meno stressate, e dal momento che lo lo stress abbassa le difese immunitarie, chi litiga di più purtroppo ha un fisico più debole. Per la loro ricerca hanno usato analisi del sangue, colloqui, telecamere nascoste in cene e pranzi simulati, luogo principe delle discussioni fra coniugi, questionari con domande del genere «sposeresti di nuovo tua moglie/tuo marito?».
Quello che i Galser non sono ancora riusciti a dimostrare è che gli effetti negativi sulla salute siano permanenti nel tempo. L'anno scorso, però, un altro studio dell'Università di Chicago ha dimostrato che i divorziati e i vedovi subiscono un grave stress dal quale difficilmente si riprendono, tanto che soffrono di malattie cardiovascolari ben il 20% in più di chi porta la fede al dito.
Oltre le pareti dei laboratori, però chi conosce la complessità quotidiana della vita di coppia si porrà una domanda: se il matrimonio stesso è fonte di stress e sofferenze, la regola vale ancora? I Gasler dicono di no, e che il rischio di attacchi di cuore fra chi vive un matrimonio difficile è molto più alto di chi ha una felice vita conuigale. Adirittura triplo, stando a uno studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association.
A questo punto, visto che è meglio essere in coppia piuttosto che soli, che comunque è meglio essere felici e che in ogni matrimonio, anche il più idilliaco, una serata di musi lunghi ogni tanto ci scappa, qual è la ricetta migliore per preservare la salute? Litigare, ma senza esagerare nei toni, nelle parole. Insomma, razionalmente. Misssione impossibile? Basta allenarsi, dicono i Gasler, forti della loro trentennale unione, e che ora stanno studiando l'influenza del cibo sullo stress immunitario da rapporto di coppia: sembra che litigare mentre si mangia renda più difficile il metabolismo dei grassi. Scommettiamo però che se la cena è ottima, basterà a sciogliere la fonte del conflitto? Se poi è un marito a cucinare, lo stress se ne va ancora prima.
articolo completo al seguente indirizzo:
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2010/04/matrimonio-salute-nyt.shtml?uuid=1acd061e-4b09-11df-852d-30107cdc6f58&DocRulesView=Libero

lunedì 15 febbraio 2010

UNA COPPIA SPOSATA SU TRE SI SEPARA

Si rassegnino i romantici: la formula del «finché morte non vi separi» sembra non funzionare più e ogni tre matrimoni celebrati uno finisce con una separazione. A dirlo sono i dati più aggiornati a disposizione (quelli del ministero della Giustizia, relativi al primo semestre 2009): quasi 300 coppie sposate ogni mille chiedono la separazione, soprattutto consensuale. E a questa media bisogna aggiungere i 234 divorzi richiesti nel frattempo. Ma qui la crisi era iniziata già da un pezzo.I dati sulle separazioni presentano forti differenze se si scorre la cartina dell'Italia. Nel Centro-Nord ci si separa di più che al Sud; la regione che fa registrare il tasso maggiore di crisi è il Piemonte (associato alla Valle d'Aosta nella rilevazione) con 418 istanze di separazione ogni mille nozze; mentre i più fedeli risiedono in Basilicata (138 domande ogni mille matrimoni).
Sociologi ed esperti si interrogano sulle cause. La ragione principale è il mutamento della società: «L'idea della separazione è entrata a far parte del senso comune collettivo», spiega Grazia Cesaro dell'Unione nazionale camere minorili. Anche l'emancipazione femminile ha aiutato il processo. «Le donne non hanno più paura di separarsi – aggiunge Bruno Schettini, docente alla Seconda università di Napoli –, hanno più indipendenza economica e meno timore di affrontare la vita senza un compagno».
Secondo Marco Albertini, ricercatore in sociologia dei processi culturali presso l'università di Bologna, il trend delle separazioni è dovuto anche al fatto che «in Italia le coppie hanno iniziato a separarsi più tardi rispetto al resto d'Europa. Ci si sposa ancora molto, mentre nel Nord-Europa si preferisce la convivenza».Mettere fine a un matrimonio, però, non è mai facile. Ci vogliono quattro anni per divorziare, se i coniugi sono d'accordo, che diventano sette se l'intesa non c'è e il percorso diventa giudiziale. Senza considerare i costi di una separazione che, secondo Grazia Cesaro, «porta sempre a un impoverimento, dalla necessità di un'altra casa all'assegno di mantenimento».Quando la coppia scoppia, la cosa più importante è la tutela dei figli, soprattutto se minori. «Chi si separa dovrebbe per prima cosa tenere conto del bene della prole – dice Laura Laera, presidente dell'Associazione dei giudici della famiglia e minorili (Aimmf) –. Bisognerebbe lavorare per sviluppare una cultura della conciliazione contro quella del conflitto, e le istituzioni dovrebbero farsene carico, anche attraverso strutture di tipo sociale». Per questo, molti pensano che il futuro delle separazioni passi per i centri di mediazione familiare perché, secondo Valeria Riccio, consulente tecnico del Tribunale di Napoli, «il sistema giudiziario da solo non è in grado di affrontare la coppia e la famiglia disfunzionale. Servono centri per le famiglie in difficoltà che abbiano funzioni terapeutiche e di sostegno».

sabato 13 febbraio 2010

LA SINDROME DEL CUORE SPEZZATO

Se il cuore – inteso come organo – ha ormai pochi misteri per i medici, sul cuore – inteso come sentimenti – la scienza brancola piuttosto nel buio. Lo dimostra la "sindrome da cuore spezzato", una sorta di infarto simulato che porta le sue vittime al pronto soccorso con respiro corto, petto dolorante e diagnosi – all´apparenza – univoca. Ma quando tutto farebbe pensare a un attacco di ischemia, l´esame delle coronarie dimostra che nei vasi il sangue scorre senza problemi. I farmaci usati normalmente negli infarti non funzionano. E in tre casi su quattro si scopre che il paziente era appena stato travolto da un dolore o un´emozione fortissima. A quel punto, basta un giorno o due affinché il cuore-sentimento faccia defluire l´ondata di shock e il cuore-organo torni a battere come se nulla fosse avvenuto.
"Una sindrome in cerca di riconoscimento": così il cuore spezzato è stato definito pochi giorni fa dal congresso della Società francese di cardiologia. Un articolo del Wall Street Journal lo descrive come un infarto vero e proprio, scatenato da un´emozione anziché da un´arteria ostruita. I giapponesi - i primi a descrivere la sindrome nel 1991 - ricorsero al vocabolario dei pescatori e battezzarono il "cuore spezzato" con il termine tako-tsubo: una tradizionale trappola per polpi a forma di palloncino.Durante un attacco di tako-tsubo infatti il ventricolo sinistro cambia forma e diventa simile alla trappola per polpi. L´elettrocardiogramma è molto perturbato, il cuore non riesce a dare propulsione al sangue, la pressione crolla e l´ossigenazione dei tessuti scende sotto la soglia di allerta. I motivi di preoccupazione non mancano. Eppure nel 98% dei casi la sindrome passa da sola o quasi. Se ne va trascorrendo per strade tanto misteriose quanto quelle da cui era arrivata.Il fatto che nove su dieci, fra le vittime del tako-tsubo, siano donne e che tre volte su quattro la crisi sia preceduta da una notizia dolorosa (quasi sempre la morte del marito o di un altro parente stretto) ha messo i medici sulla pista del sistema nervoso simpatico. Ma nelle casistiche di pazienti della letteratura scientifica si incontrano anche un uomo caduto in un lago sbattendo la testa e persone che hanno subito un divorzio, perso i soldi al casinò, hanno dovuto imparare l´uso di un nuovo software al lavoro, si sono trovate di fronte a un incendio o sono state costrette e a tenere un discorso in pubblico.In tutti questi casi, si sospetta che il sistema simpatico abbia iniziato a produrre una cascata d´adrenalina che ha inondato il cuore mandandolo in tilt. A differenza dell´attacco di panico, che colpisce di preferenza le ragazze, le vittime favorite della trappola per polpi sono donne dopo la menopausa, che in precedenza non avevano mai avuto problemi di elettrocardiogramma e probabilmente non ne avranno più neanche in futuro.
(Febbraio 11, 2010)
articolo completo al seguente indirizzo:

martedì 19 gennaio 2010

PILLOLA CONTRO IL MAL D'AMORE

VIENNA - Buone notizie per tutti i malati d'amore: un pillola, ricavata da una pianta africana, commercializzata ora come un rimedio miracoloso contro tutte le pene d'amore per innamorati abbandonati, traditi o trascurati.
Si tratta, come riferisce in prima oggi il tabloid austriaco Kronen Zeitung, di una pillola ricavata dagli estratti dei frutti esotici di un albero che cresce nella Costa d'Avorio, il Griffionia simplicifolia, che la società farmaceutica di Villach (Carinzia), Coropharm, sta per immettere sul mercato sotto forma di pillole.
In Africa i frutti di questa pianta sono noti, e consumati, da secoli. Adesso i suoi benefici sbarcano sul vecchio continente. Per cuori infranti, la pillola "Amorex" promette miracoli: il suo contenuto agisce sui messaggeri chimici del cervello (come gli ormoni), alterati a causa della pena, arrecando sollievo al malato d'amore.
FONTE: www.ansa.it

domenica 10 gennaio 2010

LE DELUSIONI D'AMORE SONO UNA VERA SOFFERENZA

MILANO - Non prendete in giro chi soffre per amore; se vi dice che sta male «fisicamente», credetegli. Perché amore, nel cervello, fa rima con dolore: le aree cerebrali che si attivano se non veniamo corrisposti sono le stesse accese quando proviamo un dolore fisico. Lo dimostra una ricerca, pubblicata sui Proceedings of the National Academy of Sciences, condotta dalla psicologa californiana Naomi Eisenberger su 122 volontari.
LO STUDIO - Le pene d'amore in realtà sono state ricreate in laboratorio, con un gioco in cui il partecipante veniva di volta in volta escluso da altri: una simulazione di rifiuto sociale. Quando la persona era respinta, la risonanza magnetica funzionale mostrava l'accensione della corteccia cingolata anteriore e dell'insula anteriore sinistra, le aree dove risiede la componente affettiva del dolore fisico, che si attivano quando ci facciamo male o abbiamo un fastidio costante. «I pazienti con una lesione in queste aree sentono fisicamente il dolore, ma lo vivono in modo distaccato» chiarisce la Eisenberger.
.... Che sia acqua bollente o una relazione sbagliata, insomma, poco importa al cervello: i segnali che invia sono identici. Tanto che si attivano gli stessi recettori cerebrali, quelli per gli oppioidi, in pratica gli interruttori su cui agiscono morfina e simili, che non a caso tolgono il dolore fisico, ma anche lo stress emotivo che lo accompagna.
PREDISPOSIZIONE GENETICA - I dati raccolti dalla Eisenberger vanno oltre: la psicologa ha dimostrato che c'è chi è geneticamente predisposto a soffrire di più. Studiando i suoi volontari si è accorta che una variante del gene per un recettore degli oppioidi si associava invariabilmente a una tendenza a patire di più il rifiuto sociale: le aree cerebrali attivate si allargavano, la persona in questione si sentiva proprio a terra.